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Le detrazioni in 10 anni rispetto agli attuali 4 per tutti i lavori ancora in corso creano tensione nella maggioranza di governo. Il Superbonus è materiale incandescente, non da oggi. Il nuovo emendamento governativo al decreto non fa altro che attizzare le fiamme. Ecco come stanno le cose non solo sull’ormai “famigerato” Superbonus, ma sui lavori di ristrutturazione in generale.

Il nodo del contendere è la retroattività

“Tajani se ne farà una ragione, ha prevalso il buonsenso, l’interesse generale del Paese, lo capirà quando leggerà l’emendamento”, dice il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani “vuole vederci chiaro”, e precisa: “Anche il ministro Giorgetti se ne farà una ragione, perché prima di votare un emendamento che non è del governo ma del ministero, noi in parlamento vogliamo valutare se rispetta le regole fondamentali della nostra civiltà giuridica che non consente norme retroattive”. Lunedì il forzista incontrerà i rappresentanti delle categorie interessate “per capire come modificare” la norma e avverte: “Essere leali non significa omologarsi”.

Il ministero dell’Economia ha fatto intendere, in ogni modo, che spazio per discutere ne è rimasto molto poco: il provvedimento serve per correggere il deficit di un punto decimale nel 2025 e nel 2026, riportandolo agli obiettivi della NaDef 2023, con effetto analogo sul debito. Non si scappa. L’opposizione ha gioco facile nel parlare di “governo nel caos”, come fa Francesco Boccia (Pd).

Cosa cambia in concreto

Mal di pancia di Forza Italia a parte, si può considerare cosa (quasi) fatta l’allungamento a 10 anni del calendario per utilizzare le detrazioni generate dalle spese 2024 e 2025. La novità coinvolge lavori già avviati. Ma attenzione: la misura non si estende ai crediti d’imposta, già frenati dal decreto originario che li ha cancellati a meno che non ci fossero spese effettuate e certificate entro il 30 marzo 2024.

Le detrazioni relative a spese sostenute dal 2024 relative al superbonus, al bonus barriere architettoniche e al sismabonus (incluso il sismabonus acquisti) sono ripartite in dieci anni, anziché in quattro/cinque come fino a oggi previsto. Vanno fatte alcune precisazioni: l’obbligo di ripartizione in dieci anni vale solo per l’utilizzo diretto in dichiarazione dei redditi del bonus e non include invece l’utilizzo dei crediti d’imposta derivanti da cessione o da sconto in fattura. Quindi le imprese che hanno acquisito i crediti, anche per effetto dello sconto in fattura, continueranno a utilizzarli in base all’attuale ripartizione in quattro rate, se relativi al superbonus e in cinque quote se connessi a interventi da sismabonus, sismabonus acquisti e bonus barriere architettoniche (anche se i crediti fanno riferimento a spese sostenute dal 1° gennaio 2024).

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Ristrutturazioni, bonus scende al 30% dal 2028

C’è un elemento di cui si parlerà a lungo nei prossimi mesi. Il decreto Superbonus è il primo capitolo di una più generale riscrittura delle agevolazioni per i lavori in casa. Era ormai inevitabile che qualsiasi governo si sarebbe trovato di fronte “all’obbligo” di placare in qualche modo la circolazione di moneta fiscale legata ai lavori edilizi: una zavorra ormai semplicemente insostenibile, con le condizioni attuali, per i conti pubblici.

Va evidenziato che l’emendamento dei giorni scorsi va a impattare anche sull’agevolazione “normale” per ristrutturare casa propria, l’agevolazione base. C’è taglio che nessuno aveva visto arrivare, a partire dal 2028. Manca parecchio tempo a quella data, certo, ma la svolta è da sottolineare, anche perché i lavori di ristrutturazione delle abitazioni necessitano di un lavoro preparatorio e organizzativo non breve. Dal 2028 al 2033 l’agevolazione non sarà più del 36 ma del 30 per cento. Il bonus ristrutturazioni è strutturalmente finanziato al 36% ma l’importo è stato incrementato nel corso degli anni. Oggi come oggi lo sconto è del 50 per cento, ma solo fino al 31 dicembre 2024.

Ma la ristrutturazione sarà meno conveniente già dal 2025

La novità presente nell’emendamento non ha un impatto immediato. Ma è evidentemente, plasticamente “il primo segnale del taglio delle tax expenditures verso il quale sembra avviato il settore”, secondo il Sole 24 Ore di oggi. Possiamo fare solo previsioni, ma è altamente probabile che la prossima manovra del governo Meloni non rinnoverà lo sconto fiscale del 50%, seguendo così il “corso naturale delle cose” e il taglio già previsto dalla legge. Cosa cambia in concreto?  Si passerebbe dal 50 per cento del 2024 al 36 per cento dal 2025 e, poi, al 30 per cento dal 2028. Contestualmente si modificano pure i tetti di spesa. Dall’attuale 96mila euro, a gennaio 2025 si passa alla metà: 48mila euro. Dovrebbe restare quello il limite anche dal 2028. Non è chiaro, però, come queste riduzioni si incastreranno con il possibile riordino dei bonus casa, che servirà per adeguarci alla direttiva Case green.

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